Come promesso procedo con i post di approfondimento delle tematiche affrontate nel mio percorso da tirocinante al T.F.A..
Oggi voglio affrontare l’argomento sulle tecniche di apprendimento.
Di tecniche di apprendimento se ne sente parlare molto, ed a volte un po’ a sproposito, nel senso che spesso ne vengono esaltate alcune e proposte come pratiche “quasi magiche” che consentono di far apprendere qualsiasi cosa senza sforzo, semplicemente adottando banali tecniche meccaniche. Pur non essendo uno studioso della materia, mi sento di dire, in tutta tranquillità, che questo approccio è sicuramente sbagliato.
la conoscenza di buone tecniche “scientifiche”, può aiutare e non poco, ma necessitano di importanti “sforzi motivazionali” per poter dare risultati apprezzabili.
Per comprendere come la tecnica delle Mappe (concettuali o mentali che siano) possano aiutare nei processi di apprendimento, dobbiamo però capire cosa si intende per “Apprendimento Significativo”.
Partiamo subito dalla definizione:
“L’apprendimento significativo si verifica quando chi apprende decide di mettere in relazione delle nuove informazioni con quelle che già possiede”. (D.P. Ausubel)
Molte aziende, soprattutto le grandi, con un elevato numero di dipendenti, concordano sul fatto che oggi, a causa dei mutamenti continui dei prodotti, del marketing e più in generale delle tecnologie, per cercare di rimanere competitivi sui mercati, è necessario sottoporre i propri dipendenti a processi di formazione continua, con l’obiettivo di far acquisire loro, nel più breve tempo possibile, nuovi strumenti e procedure da far applicare nell’ambito del proprio lavoro.
Questo è un approccio fondamentalmente corretto, utile ed aggiungo auspicabile, peccato però che spesso non si tenga conto del fatto che, apprendere in modo meccanico nuove procedure e strumenti, senza comprenderne le basi concettuali, senza prevedere momenti di sperimentazione, non consente di produrre una acquisizione consapevole delle nuove informazioni, e quindi non stimolando un processo di elaborazione, non favorisce un atteggiamento propositivo, e quindi creativo, che andrebbe a tutto vantaggio dell’azienda.
Ne consegue che tali attività formative, se non effettuate tenendo conto delle nuove metodologie didattiche, spesso risultano poco utili, se non dannose, perché invece di aumentare la motivazione e l’autostima dei dipendenti, finiscono spesso per ridurle con le ovvie conseguenze negative.
Quanto appena descritto può essere tranquillamente trasportato in qualsiasi altro ambito, e qui viene in soccorso la teoria di Ausubel il quale sostiene che, più delle capacità mnemoniche, pure importanti, è bene che lo studente (in generale) si alleni ad affinare la capacità di rielaborazione, manipolazione e analisi delle informazioni apprese attraverso un suo sistema di significato e valore.
Il nostro cervello assimila e categorizza in modo preciso e chiaro una moltitudine di informazioni al secondo, ma per farlo lavorare efficacemente è indispensabile proporre le informazioni nuove istruendolo su dove metterle, in quale cassetto della memoria, perché solo in questo modo la persona sarà poi in grado di recuperare quell’informazione al momento giusto.
L’apprendimento significativo, oltre ad essere più affidabile in termini di ricordo, decade molto più lentamente e mai definitivamente come quello prodotto dall’apprendimento mnemonico, ed è indispensabile per districarsi all’interno della miriade di informazioni di cui quotidianamente disponiamo.
L’apprendimento significativo si concretizza quindi se nel soggetto esistono conoscenze pregresse relative all’ambito di interesse, ma non basta, egli infatti deve decide di investire energie per creare conoscenza, mettere in relazione, associare.
Questo tipo di apprendimento quindi non è miracolistico ma necessita di importanti sforzi e di una spinta motivazionale che funga da catalizzatore.
Per queste caratteristiche l’apprendimento significativo comporta uno sforzo maggiore, perché maggiore sarà la qualità dell’informazione memorizzata.
Durante l’apprendimento i concetti più importanti, ovvero quelli più spesso utilizzati e maggiormente rilevanti, tendono a perfezionarsi sulla base dei nuovi concetti assimilati.
A questo punto ci vengono in aiuto le tecniche che hanno dato il titolo a questo post!
Infatti l’immagine che viene in mente leggendo della teoria dell’apprendimento significativo, è una più o meno complessa rete di collegamenti dove dalle idee centrali (nodi) si diramano concetti secondari collegati.
Da qui la teoria di Novak sulla necessità di costruzione delle mappe concettuali come supporto ai processi di apprendimento.
Novak infatti scrive:
“Le conoscenze che abbiamo appreso in maniera approfondita integrando azioni, sentimenti e pensieri, sono quelle che sappiamo padroneggiare meglio. E’ questa la conoscenza che si controlla e con la quale si sente una sensazione di padronanza e potere.
Purtroppo la maggior parte delle persone a scuola ha sempre studiato in modo meccanico e questo mancato sviluppo delle proprie capacità ha reso la maggior parte della gente timorosa di apprendere in uno o più ambiti, come le scienze, la storia, la matematica, la musica o lo sport”
Per spiegare cos’è una mappa concettuale userò semplicemente…. una mappa concettuale!
Passiamo ora alle mappe mentali di Buzan, esse non sono molto distanti dalle teorie da Ausubel e Novac, ma aggiungono all’approccio analitico e sistematico delle mappe concettuali, una componente innovativa, ovvero quella creativa.
La metodologia utilizzata per la costruzione di una mappa mentale è piuttosto semplice.
Il concetto principale, la parola chiave estrapolata dal testo, è collocata in una posizione centrale dalla quale si diramano numerosi rami sui quali altre parole chiave a questa associata, fungono da catalizzatori per la comprensione dell’ intero contenuto.
La caratteristica di queste mappe è quella di utilizzare simboli, disegni, colori, parole bizzarre al fine di far funzionare anche la parte destra del nostro cervello, quella creativa e immaginativa oltre che la parte sinistra abile nell’apprendimento più razionale e lineare.
La ricerca sull’ impiego delle mappe mentali infatti ha origine sugli studi sulla capacità della mente umana di associare concetti e informazioni in modo non lineare e da quelli sulla differenziazione funzionale dei due lobi cerebrali (secondo cui il lobo sinistro elaborerebbe le informazioni principalmente con un approccio lineare, logico, analitico, quantitativo, razionale e verbale e potrebbe essere stimolato grazie rappresentazioni testuali; mentre quello destro opererebbe in modo non lineare, olistico, intuitivo, immaginifico e non verbale e potrebbe essere stimolato attraverso rappresentazioni gerarchiche, collocazioni spaziali, simboli e colori), (Vitale, 2005).
Di seguito un esempio di mappa mentale
E finalmente veniamo alla questione posta nel titolo di questo post: Mappe concettuali o mentali?
A conti fatti, proprio per le loro differenze, io le utilizzerei entrambi.
Userei le mappe concettuali più come strumenti didattici, aiutando così i discenti a creare le “proprie” mappe guidandoli nella costruzione del loro apprendimento.
Le mappe mentali invece come strumento per attività di brainstorming o di organizzazione “personale”, magari come sussidio al proprio metodo di studio.
Ovviamente tutto ciò è vero se e solo se l'apprendimento avviene in modo significativo.
Io ho detto la mia, e voi, cosa ne pensate?
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